Nuove modalità di comunicazione, mobilità veloce, qualità della vita: Smart City è un concetto che tocca il futuro, ma anche il presente, del nostro vivere urbano. La genesi delle Smart City trova le proprie origini già all’inizio degli anni ‘90, quando i primi analisti di demografia e di progettazione urbana ipotizzavano l’avvenimento di una “città intelligente” con conseguenze a livello di architettura, tecnologia, servizi pubblici e assetto demografico. Solo a partire dal 2010 si è poi sdoganato il termine “smart” in qualità di aggettivo, obbligando così le istituzioni pubbliche a riadattare i propri piani d’investimento al fine di allineare l’ambiente pubblico alle necessità espresse dal quello privato.
Tra i 10 e i 12 miliardi di euro sono stati stanziati, fino al 2020, dall’Unione Europea per supportare i processi di ammodernamento intrapresi dalle città che vogliono avvicinarsi ad una visione più smart; ma con l’incremento della velocità di adozione delle tecnologie si potrebbe verosimilmente prevedere che queste misure saranno insufficienti a rispondere alle richieste di miglioramento delle infrastrutture avanzate sia dagli utenti consumer che dai soggetti business.
Tutto ciò, in questi anni, ha permesso ai grandi player del settore di posizionarsi garantendosi un “monopolio” dell’offerta e della gestione delle tecnologie abilitanti fondamentali, quasi a sostituzione dei soggetti pubblici: si pensi al progetto di Facebook Inc. di portare l’accesso alla rete dati nei paesi in via di sviluppo o all’ingresso di Tesla nel mercato dei viaggi spaziali.
Garantire un accesso più semplice a procedure complesse; ottimizzare i costi, le energie e gli spazi; ridurre un ritorno complessivo di qualità della vita migliore: sono questi i pilastri della smart city ideale che, seppur ancora fortemente atomizzati e non integrati tra loro, già oggi trovano applicazioni impensabili fino a pochi anni fa. Per questo motivo il focus si è spostato dalle smart city ad un concetto più ampio, quello delle Future Cities.
Future city vuole essere un termine ombrello che amplia quello di smart city coinvolgendo gli ambiti maggiormente legati alla mobilità e all’energia. Sempre di più questo nuovo termine troverà concretezza da qui ai prossimi 10 anni e verrà utilizzato per giustificare un cambiamento epocale di maggiore portata rispetto a ciò che era stato preventivato fino a pochi anni. La difficoltà della società attuale e dei media che dovrebbero raccontare il futuro è quello di accettare ed affrontare un innegabile gap tra la generazione dei Baby Boomers e quella dei Millenials e generazione Z rispetto ad un nuovo concetto di urbanizzazione. Solo in America i Millenials, sommati alla generazione Z, raggiungono i 153 mln di individui, a fronte dei 77 mln della generazione dei Baby Boomers. Il fatto che i primi siano nativi digitali equivale a dire che le aspettative rispetto ai servizi a cui accedono saranno completamente filtrate da un’esperienza on-line. Le nostre città sono pronte ad essere native digitali?
Considerando, inoltre che, i dati di crescita delle popolazioni urbane da qui al 2050 parlano di un aumento di più di due terzi, viene da chiedersi quali saranno le conseguenze di tutto ciò in termini di vivibilità e accessibilità ai servizi.
La centralità delle generazioni di riferimento non è casuale. Da esse dipenderanno i servizi del futuro offerti all’interno delle smart cities e di conseguenze le tecnologie adottate: i trend più caldi di questo momento stanno confermando le attenzioni degli addetti ai lavori per una mobilità completamente diversa, condivisa, staccata dal concetto di appartenenza ma molto più orientata al concetto di accesso. Muoversi diventerà sempre di più un’attività che prescinderà dal possedere un mezzo che ci permetta di farlo. Le auto a guida autonoma renderanno democratico il viaggio perché il veicolo sarà condiviso, facendo così decadere il principio di possesso in favore di un ipotetico sistema di abbonamento per l’accesso al servizio.
Le conseguenze in termini di efficienza e miglioramento della vivibilità delle città saranno indiscutibili, ma non da meno saranno quelle in termini di perdita di mercato nell’industria dell’auto che si vedrà ridotta drasticamente gli ordini a fronte di una richiesta di maggiore qualità del prodotto finale. Pochi possessori per tanti utilizzatori, questo potrebbe essere il futuro delle nostre automobili…e delle nostre case.Esatto, anche le case non saranno esenti dallo stesso destino. Una società liquida capitanata da un modello di organizzazione del lavoro altrettanto liquido abbatterà sempre di più le certezze tradizionali quali casa di proprietà e auto in leasing, le persone tenderanno ad avere altre priorità quando penseranno al loro futuro.
Alcune conseguenze rilevanti delle auto a guida autonoma saranno, inoltre, la possibile sparizione dei mezzi pubblici come li intendiamo oggi, oltre che la trasformazione del mezzo di trasporto in un vero e proprio asset: i pochi possessori potranno centralizzarne la gestione e la manutenzione, prevedendo con precisione i flussi del traffico e massimizzando i profitti. In Nevada nel 2015 si è autorizzato il primo camion senza conducente, quanto passerà perché i pacchi di Amazon ci arrivino direttamente a casa senza corriere? Evidentemente poco: http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2016-12-14/amazon-eseguita-prima-consegna-un-drone-162544.shtml?uuid=ADilkIGC.
I dati saranno, e sono, la moneta che distinguerà chi è in grado di operare sul mercato da chi non lo è. La vera sfida oggi è permettere a questi dati di essere resi fruibili, leggibili e fonte di informazioni. I dati ci sono, ma non si sa come usarli! Mettere in rete i device per permettere ad essi di capire quali dati utilizzare sarà il passo successivo per avvicinarci alla smart city, coerentemente con la scelta della Cisco di passare dal termine IoT al termine IoE (Internet of Everything).
Le sfide per una startup oggi sono pressoché infinite; il futuro sta arrivando con una velocità disarmante e le opportunità di entrare in un mercato dove le aziende tradizionali arrancano ci sono. Ma un’azienda che vuole proporre innovazione nel campo della mobilità e della città del futuro ha il dovere di ragionare attraverso altri paradigmi. Semplificare ed efficientare i servizi, lavorare sin dal principio sul valore progettuale dei dati che si originano dalla fruizione di tali servizi, pensare la propria offerta come una soluzione che genera valore comune nel momento in cui si mette in comunicazione con altri device e servizi. Queste sono le sfide di chi vuole “portare il futuro”.
L’incontro tra aziende tradizionali e startup deve essere una prerogativa per un paese che vuole gettare le basi di una stabilità futura. Questo significa contaminare mondi diversi e avvicinare epoche altrimenti distanti. MCE 4×4 nasce per dare questa opportunità all’ecosistema italiano.